La filantropia ha i suoi detrattori e i suoi sostenitori, e difficilmente lascia indifferenti. Come molte altre idee astratte, la filantropia è stata oggetto di infinite discussioni fin dalla sua comparsa nel XVIII secolo. Il suo significato si è trasformato nel tempo, a seconda del contesto sociale, culturale e politico, e della persona che la pratica. Oggi necessariamente è diventato un campo dove il concetto muta continuamente facendo emergere un approccio più profondo che pone la fiducia come pilastro delle strategie operative, al di là delle dichiarazioni di circostanza. Tutto ciò dovrebbe incoraggiare relazioni autentiche e una riduzione dello squilibrio di potere tra chi finanzia e chi opera sul campo.
Un po’ di storia partendo dalla Francia
Sebbene la filantropia fosse meno presente in Francia nel XX secolo a causa dell’ascesa delle prestazioni sociali statali, ha riacquistato una certa popolarità all’inizio del XXI secolo, quando le donazioni private hanno iniziato a integrare i finanziamenti pubblici in molti settori. Nel 1789, ispirata dalle nuove idee dell’Illuminismo, la filantropia trionfò e divenne una parola d’ordine della Rivoluzione. Durante il regno di Napoleone Bonaparte, le iniziative filantropiche private fiorirono in molti settori: costruzione di alloggi dignitosi e cliniche, protezione degli orfani, distribuzione di buoni pasto, vaccinazione contro il vaiolo, campagne per l’abolizione della schiavitù e della pena di morte… Finanziate e guidate dalle élite progressiste dell’epoca, le iniziative miravano a apportare miglioramenti concreti e duraturi nella vita dei più vulnerabili della società. La filantropia si distingueva dalla beneficenza tradizionale per il suo rispetto per la scienza, la ricerca dell’autonomia dei suoi beneficiari e la partecipazione al dibattito pubblico. Solo dopo il 1814, durante la Restaurazione, realisti e cattolici conservatori cercarono di riabilitare la carità. I conservatori accusavano i filantropi di essere vanitosi, materialisti e di avere idee astratte.
Per Chateaubriand, la filantropia non era “altro che l’idea cristiana di carità capovolta, rinominata e troppo spesso sfigurata”.
La filantropia appariva inoltre insufficiente per affrontare la portata dei problemi sociali causati dalla Rivoluzione Industriale. La “banda di mascalzoni” (filous en troupe) veniva caricaturata nei romanzi di Flaubert e sui giornali per la sua ingenuità, mediocrità e arrivismo. A partire dagli anni ’40 dell’Ottocento, la filantropia subì un nuovo colpo, questa volta da sinistra: i pensatori socialisti la consideravano una maschera ipocrita, un ostacolo all’emancipazione volontaria dei lavoratori o un modo per l’élite capitalista di mascherare lo sfruttamento del proletariato.
Dal 1848 alla Prima Guerra Mondiale, la filantropia perse il suo splendore e subì la concorrenza di un nuovo concetto: la solidarietà. Contrariamente alla filantropia, che si basa sulla moralità individuale, la solidarietà implica un vincolo legale: dovrebbe essere imposta dalla legge per tutti, finanziata dalle entrate fiscali. Cercando una terza via tra socialismo rivoluzionario e capitalismo liberale, la Terza Repubblica fece della solidarietà un concetto chiave. Nonostante il timore francese di qualsiasi forma di “carità legale”, lo Stato repubblicano finì per istituire le prime “leggi sociali”: assistenza medica gratuita, assistenza per infortuni sul lavoro, aiuto agli anziani e ai più deboli.
Oggi la filantropia e beneficenza sono ancora presenti, ma relegate in secondo piano.
La situazione è riemersa recentemente, in particolare con i fondi raccolti in seguito all’incendio di Notre-Dame a Parigi con oltre i oltre 900 milioni di euro impegnati per la ricostruzione della cattedrale. Il giorno dopo l’incendio, tra i diversi mecenati accorsi Bernard Arnault ha donato di 200 milioni di euro per contribuire al restauro di questo gioiello del patrimonio francese. LVMH ha inoltre sponsorizzato un’iniziativa di ricerca scientifica guidata dalla rivista Connaissance des Arts e dalla rivista semestrale sul restauro, La Fabrique de Notre-Dame, pubblicata dall’ente pubblico Rebâtir Notre-Dame de Paris.
Ora consideriamo ciò che già sappiamo sulla filantropia in Francia. I registri pubblici riportano solo 58 milioni di dollari (51,5 milioni di euro) di donazioni filantropiche in tredici anni – poco più del 6%, in oltre dodici anni, dell’importo promesso in ventiquattro ore per il restauro di Notre-Dame. Questa non è la cifra reale; è una cifra basata sui dati resi disponibili dal settore filantropico per le esigenze specifiche del settore.
C’è ora da sperare che non ci siano altri disastri del genere e che la filantropia intervenga prima alla salvaguardia del capitale culturale mondiale. In Italia troviamo già significativi esempi di come sia cambiato il concetto di filantropia, ad esempio, da Fendi e Bulgari hanno importanti programmi di mecenatismo per contribuire al restauro di mitici siti storici, in particolare a Roma. Fendi ha contribuito al restauro della Fontana di Trevi, del Tempio di Venere e Roma al Colosseo, così come della Grotta di Diana nei giardini di Villa d’Este, del Palazzo della Civiltà Italiana e di Villa Medici. La Maison Bulgari ha sostenuto il restauro della celebre scalinata della Trinità dei Monti e delle altrettanto celebri Terme di Caracalla.
Le organizzazioni filantropiche stanno rinunciando alla loro capacità di visione strategica e alla gestione efficiente delle risorse a favore di una riprogettazione della filantropia, orientata a costruire relazioni più equilibrate e trasparenti, con l’obiettivo di aumentare l’equità e l’efficacia degli interventi. Il modello filantropico sta così cambiando e l’arte e la cultura in genere apre così un dibattito nuovo anche per il collezionismo aperto a nuove forme di mecenatismo.